dott. Monica Bonsangue
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Psicologia, trauma, violenza, maltrattamento, abusi psicologici



NON SOLO NARCISISMO

2/7/2017

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Quando affronto il problema della violenza nella coppia, in particolare della violenza psicologica, mi capita spesso di sentire “Lo so! Lo fa perché è un narcisista!”.
Recentemente la parola “narcisismo” è entrata nel vocabolario comune, anche se spesso viene utilizzata senza comprenderne bene il significato.
Quello che vorrei chiarire con questo articolo, estratto dal capitolo 6 del testo “La violenza psicologica nella coppia. Cosa c’è prima di un femminicidio” è che non tutti i maltrattanti sono narcisisti nel senso del Disturbo Narcisistico di Personalità, così come delineato dal DSM.
Mentre la ferita narcisistica è molto comune nel nostro momento storico, non vorrei passasse l’errato messaggio che tutti i maltrattanti sono solo narcisisti.
Le persone che abusano fisicamente o psicologicamente comprendono etichette più ampie e più specifiche, che ho cercato di delineare nella seconda parte del testo.
Partendo da alcune “istruzioni all’’uso” sui profili comportamentali, eccovi la proposta di quattro profili di maltrattanti che ho osservato durante la mia pratica clinica.


6.1 Attenzioni all’uso

Identificare e stendere un profilo comportamentale è sempre operare una semplificazione della realtà, per motivi di comprensione e spiegazione.
E’ come descrivere, per semplicità, il rosso, il blu ed il giallo ma bisogna ricordarsi che esistono innumerevoli sfumature prodotte dalle loro combinazioni; lo stesso vale nei profili di personalità: le mescolanze sono infinite, come nello spettro cromatico.
E’ importante quindi ricordare che un profilo non è la realtà, ma una sua interpretazione e descrizione (statica o dinamica), ossia un modello.
Questa è la condizione principale che deve tenere presente chi intende lavorare tramite i profili comportamentali.
Essi non coprono l’infinità dei comportamenti e delle specificità individuali; sono semplicemente dei riduttori di complessità attraverso i quali cerchiamo di muoverci più velocemente all’interno dei sistemi psicologici umani, che sono incredibilmente complessi.
Un profilo, oltre che essere una semplificazione della realtà (con tutte le limitazioni che ne comporta) è caratterizzato dal fatto che descrive una o più tipicità.
Una tipicità, nel nostro caso, è una modalità ridondante di comportamento, causata dall’irrigidimento del Sistema Percettivo Reattivo[1] dell’individuo.
Quanto più il SPR della persona è flessibile, tanto più la persona sarà in grado di adattarsi all’ambiente. Il profilo di una persona flessibile è incredibilmente ampio e di difficile descrizione a causa della varietà dei comportamenti che è in grado di compiere.
Per usare le parole di Lowen“la salute mentale deve distinguersi per l’assenza di un modello tipico di comportamento; le sue qualità sono la spontaneità e l’adattabilità alle esigenze razionali di una situazione. La salute è uno stato fluido, in contrasto con la nevrosi che è una condizione strutturata”.
Al contrario, quanto più il Sistema Percettivo Reattivo individuale è irrigidito (da traumi, credenze, coazioni, blocchi allo sviluppo della personalità ed altro) tanto più sarà limitato, disadattivo, ed il suo profilo più inquadrabile e descrivibile.
I maltrattanti, essendo prevalentemente bambini dal punto dello sviluppo della personalità, hanno un SPR estremamente irrigidito e coatto (ripetitivo) e sistematicamente basato sulla paura.
Ecco perché, nel loro caso, è possibile descrivere delle tipicità:
 
                                                                        la tipicità è generata
                                                      dal loro irrigidimento comportamentale.

 
Bancroft propone undici brevi descrizioni di uomo violento, comprendendo soprattutto l’uomo che ricorre alle violenze fisiche. L’autore li ha chiamati: l’Uomo che Pretende, il Signor So Tutto Io, il Torturatore Freddo, il Sergente Istruttore, il Signor Sensibile, il Dongiovanni, il Rambo, la Vittima, il Terrorista, il Malato Mentale ed il Tossicodipendente.
Le descrizioni sono basate sulla rilevazione di accenti comportamentali e sistemi di credenze e sono una buona bussola per differenziare alcuni stili.
Elisabeth Gilchrist e i suoi collaboratori,conducendo una ricerca per la Glasgow Caledonian University, nel 2003 hanno proposto una classificazione che comprende due grandi gruppi:
  1. Borderline e dipendenti emotivi.
  2. Narcisisti e antisociali.
 
Queste due classificazioni tengono conto sia degli abusanti fisici che di quelli psicologici.
Nella pratica clinica, focalizzandomi sulla violenza psicologica, ho osservato che queste due classificazioni  possono essere ulteriormente elaborate, dando origine ad una suddivisione simile a quella identificata dalla Hirigoyen e che può essere utile soprattutto ai terapeuti per inquadrare il sistema relazionale in cui vive la vittima di maltrattamenti psicologici.
Delineeremo quindi, nei prossimi capitoli i modi di pensare, di ragionare, di agire e di comunicare dei maltrattanti rispetto alla classificazione operata nel modello che propongo, e che si sviluppa sostanzialmente su quattro profili: il narcisista, l’ossessivo, il paranoico, il vittimista.
Tutti i profili hanno in comune il possesso ed il controllo dell’Altro (tentata soluzione principale della relazione maltrattante tesa alla sottomissione), ma lo declinano attraverso modalità e stili differenti.

I primi tre profili di cui ci occupiamo (narcisista, ossessivo, paranoico) agiscono il controllo con modalità dirette, cioè con modalità comunicative e di comportamento nelle quali si può chiaramente intravedere l’intento di controllo della relazione e l’imposizione della gerarchia.
L’ultimo, il vittimista, sfrutta invece modalità indirette e spesso sfugge alla definizione di maltrattante. Vedremo come, al contrario, sia possibile agire il maltrattamento anche in maniera indiretta.
La modalità comunicativa con la quale ciascun maltrattante agisce il controllo e come impone la complementarietà nella coppia, ne definisce lo stile.
Questi sono profili maggiori.
Ciò non toglie che ci possano essere anche maltrattanti originali (con caratteristiche più rare), combinazioni dei profili maggiori (persone che posseggono caratteristiche miste, per esempio la vittima-paranoica, oppure il narcisista-ossessivo) che sono molto frequenti, o loro evoluzioni (ad esempio l’ossessivo che diventa, nel tempo, più paranoico). Infatti lo stile comportamentale dell’abusante, pur mantenendo la coazione al possesso ed al controllo, può modificarsi progressivamente (rimanendo comunque all’interno dei confini concessi dalla coazione stessa), per adattarsi a cambiamenti del sistema relazionale con cui interagisce.
La descrizione che segue ogni tipologia di maltrattante sarà dotata di uno scenario di riferimento, ossia un’ambientazione metaforica che ci aiuterà a comprenderne i comportamenti,i modi di percepire e reagire al mondo di questi uomini.

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Lo scenario del maltrattante narcisista è quello del palcoscenico sul quale si svolge uno spettacolo di magia ed in cui egli è il protagonista (il mago). La compagna è, per il narcisista, come l’assistente per l’illusionista: una spalla accessoria che lo aiuti a sostenere e rendere splendido il suo spettacolo.  Le parole del narcisista sono come le mani del prestigiatore: creano realtà inesistenti. Tutto ciò che il protagonista realizza intorno a lui è la scenografia che serve per mantenere l’illusione del suo Io grandioso. Illusione verso sé stesso, prima di tutti. Il narcisista appartiene ai maltrattanti che impongono il controllo in maniera diretta.


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Lo scenario dell’ossessivo è la vita di caserma, caratterizzata da disciplina, ordine e rigorosità. Tutto deve essere sotto controllo e perfettamente ordinato; ciascuno deve eseguire procedure e protocolli, affinché tutto funzioni correttamente. La sua comunicazione è orientata a ordinare le cose, regolare le persone, controllare la funzionalità. Le sue parole generano ordini, critiche, giudizi. La compagna è, per l’ossessivo, una sottoposta che deve eseguire perfettamente ogni ordine. Anche l’ossessivo appartiene ai maltrattanti che impongono il controllo in maniera diretta.

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Lo scenario del paranoico è uno scenario di guerra. In altre parole è un ossessivo, ma a differenza di quest’ultimo il paranoico agisce come se fosse sul campo, in una lotta per la difesa contro nemici, veri o presunti. Le sue parole e la sua comunicazione sono strategiche, orientate al controllo continuo (verifica) dei rapporti fra lui e le persone, diretti a stabilire patti e rafforzare alleanze, verificare le mosse degli amici e dei nemici. I suoi comportamenti relazionali sono simili a strategie militari, costantemente caratterizzati su cosa conviene fare. La compagna è, per il paranoico, un’alleata che deve ricambiare la fiducia data attraverso la sua fedeltà e dedizione assoluta. Anche il paranoico impone il controllo in maniera diretta.


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Lo scenario del vittimista è quello dell’eroe sconfitto ingiustamente e senza motivo, del bisognoso, del cucciolo piegato dalla cattiveria del mondo. Il vittimista ce l’ha messa tutta, ma il mondo è stato crudele con lui. Soprattutto, con lui. La sua comunicazione è orientata a suscitare pietà, mettere in evidenza ferite ricevute e tradimenti subiti ingiustamente. Cerca di convincere la partner che da solo non ce la può fare, che l’Altro (lei) è indispensabile e che se non lo aiuta è un infame senza cuore, esattamente come coloro che in passato l’hanno ferito e tradito. Tende a rinfacciare alla partner il fatto che se non si comporta in una certa maniera, è la prova che non lo ama davvero. Manifestando spesso una spiccata sensibilità sentimentale, nonché fragilità emotiva che lo rende fragile e bisognoso  agli occhi degli altri (e quindi da proteggere) è in grado di manipolare la relazione sottomettendo la compagna coi sensi di colpa, del dovere e di responsabilità. Un aspetto tipico del vittimista è quello della delega totale delle responsabilità, comportamento che lentamente gli fa assumere il ruolo di parassita.  Lo stile di controllo della vittima è di tipo indiretto.

Lo scopo della stesura dei profili non è solo quello di descrivere, per quanto possibile, le dinamiche comportamentali dei vari maltrattanti.
Sarebbe, questo, un punto di vista parziale che non terrebbe conto del fatto che
 
                                                     esiste un maltrattante solo se c’è una vittima,
 
e che
 
                                                             se la vittima si sottrae per tempo
                                                               o trova il modo di svincolarsi,
                                            il maltrattante perde, di conseguenza, il suo ruolo.
 

Un ruolo come quello dell’aguzzino ha senso solo se c’è qualcuno da maltrattare.
Un aguzzino solitario, non si è mai visto.
E’ un disoccupato.
E come tale, disperato.
Come ben evidenzia Giacobbe “nessuno può fare il carnefice se non c’è qualcuno disposto a fare la vittima”.
 
Con l’esposizione di questi profili intendo mostrare come, per ogni tipologia di maltrattante, vi sia una potenziale vittima, identificabile in base alle complementarietà del maltrattante, ossia dal probabile incastro.
C’è infatti da chiedersi: il maltrattante va sempre a segno? Può scegliere una vittima casualmente?
La risposta è no.
Il maltrattante non è onnipotente, ma soprattutto non sceglie la vittima a caso. E’ costretto a cacciare per assicurarsi la preda adatta, ed impara a sceglierle con l’esperienza.
Il caso interviene raramente.
Detto altrimenti: se incontrare un maltrattante è una casualità, finire per allacciare una relazione stabile non lo è.
Solo alcune donne o alcuni uomini e in determinati momenti e condizioni finiranno per allacciare delle relazioni con maltrattanti, mentre altre agiranno differentemente.
Attenzione: non si intende, con questo, stabilire un nesso di causalità diretta, né una legge di correlazione fisica, fra personalità del maltrattante e personalità della vittima.
Non è una correlazione del tipo Se-Allora.
Semplicemente intendo mettere in evidenza che
 
                                                          alcune caratteristiche dell’uno e dell’altro
                                                                 in momenti particolari della vita
                                                         rendono più probabile l’incastro sofferente.
 

Come abbiamo visto nel capitolo 5
 
                                                      è poi la combinazione delle tentate soluzioni
                                           dell’Uno (maltrattamento, vendetta) e dell’Altro (sacrificio)
                                           a dare origine alla relazione maltrattante e a perpetuarla.

 
La necessità di una relazione è l’energia che ci spinge a cercare una persona a cui affidarci, spesso senza curarne le qualità e solitamente sulla spinta di piene emotive, quali la conquista della fiducia e l’innamoramento.
La tipologia di bisogni da soddisfare determina, invece, il tipo degli incastri.
L’incastro è determinato dal feeling che si crea fra lo stile comunicativo del futuro maltrattante (ciò che promette, illusoriamente, durante il corteggiamento) con i bisogni da soddisfare ed gli autoinganni (le confusioni) della vittima dall’altro.
Un narcisista, in una relazione maltrattante, difficilmente si incastra con un altro narcisista, perché vorrebbe dire conflitto,  guerra aperta per il dominio dell’ uno sull’altro, ma praticamente nessun possesso e nessun controllo. E’ più facile che un narcisista si relazioni con un’adorante. Così come un vittimista si trovi più facilmente con una crocerossina o un iper responsabile, un ossessivo con un insicuro. Vedremo come, nei profili descritti, ad ogni tipologia di maltrattante è possibile collegare, in linea di massima, una tipologia di vittima; colei che, involontariamente, collude[3] con lo schema del maltrattante.
E’ necessario però fare attenzione, perché le dinamiche degli incastri di seguito descritti valgono solo per le relazioni maltrattanti.
Nei rapporti che non hanno come dinamica relazionale il maltrattamento (e quindi poco o nessun controllo) è infatti del tutto possibile che un insicuro faccia coppia con un altro insicuro o che un vittimista faccia coppia con un altro vittimista (ma queste sono altre tragedie).

Articolo di Monica Bonsangue, tratto da "La violenza psicologica nella coppia. cosa c'è prima di un femminicidio", Invictus editore.
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    Monica Bonsangue
    Psicologa
    Psicoterapeuta
    Psicotraumatologa
    Formatrice
    Ricercatrice


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