Introduzione Marilyn Monroe viene trovata cadavere in casa sua il 5 agosto del 1963. Il corpo era supino, completamente nudo e coperto solo da un lenzuolo. La cornetta del telefono in mano, la porta chiusa dall’interno. Proprio nella camera da lettosono stati rinvenuti farmaci e psicofarmaci in enormi quantità e, dalla data delle ricette mediche e dal numero di pillole ritrovate, si è dedotto che l’attrice ne assumesse dosi enormi in tempi molto brevi (alcune ricette erano rinnovate settimanalmente, il che faceva supporre che l’attrice facesse uso di centinaia di pillole ogni mese). “Benchè avesse soltanto tre anni quando il Seconal fece il suo debutto ad Hollywood, anche Marilyn un giorno sarebbe ricorsa a questo e altri barbiturici, non meno mortali, assuefacendosi e aumentando via via le dosi, fino a credere di non poter dormire né vivere senza una totale e irrevocabile dipendenza da essi”[1]. Alla dipendenza da farmaci e barbiturici va aggiunta la dipendenza da alcool. La vita di Marilyn Monroe è finita tragicamente a trentasei anni, quando lei era ancora bella, ricca e famosa. Sul suo suicidio è stato scritto di tutto, ma le tre ipotesi che più vengono nominate sono quelle relative alla sua depressione e quelle relative ad un omicidio camuffato in suicidio da parte dei servizi segreti[2], o addirittura commissionato dalle mafie. Di certo gli ultimi due temi conferiscono un finale adrenalinico alla sua già turbolenta vita[3], ma il primo caso, quello della profonda sofferenza psicologica, sia quello che all’analisi dei fatti appare il più probabile. E’ molto probabile, infatti, che Marilyn Monroe soffrisse di un disturbo borderline della personalità[4] e che morì per errore nel suo quarto tentativo di suicidio. Nei precedenti tre, infatti, dopo avere preso una dose eccessiva di psicofarmaci, l’attrice era sempre riuscita a chiamare attraverso il telefono qualcuno e la tragedia era sempre stata evitata. Il tentativo di suicidio[5], si sa, contiene sempre un tasso di rischio, chiamato sfortuna, a causa del quale l’intervento salvifico potrebbe non arrivare in tempo, non essere compreso come tale o non arrivare proprio. Quando una star in pieno successo compie un gesto del genere, la prima reazione del pubblico è “ma come è possibile?”. Non aveva forse bellezza, fama, successo, conoscenze importanti, cene, palazzi, amanti famosi? Non era forse la donna più desiderata del pianeta? Tendiamo a ragionare in maniera superficiale e spesso confondiamo fama e successo con felicità e soddisfazione. Questo articolo è dedicato a collegare i primi undici anni di vita dell’attrice, mostrando come furono i traumi alla quale fu sottoposta a generare il disturbo borderline di personalità: un quadro che appare molto chiaro nell’analisi della sua vita da donna[6]. Mettere insieme i primi quindici anni di questa donna non è stato semplice: la quantità di materiale incongruente presente in rete è moltissimo. Per questo motivo le informazioni qui riportate si rifanno esclusivamente alle biografie ufficiali. La tragica infanzia L’idea che il maltrattamento e la violenza fisica o psicologica possano fare ammalare psicologicamente e/o fisicamente, e che i danni possano permanere a lungo sotto forma di sintomi e traumi che strutturano punti deboli e punti forti della personalità, (sistemi percettivo reattivi, modalità di rapporto con sé stessi e con il mondo) e che in momenti ancora più difficili si possono tramutare in suicidio è spesso ben compresa dagli psicologi, molto meno da chi di psicologia non mastica nulla. C’è un’autrice a cui non è sfuggita la correlazione fra la struttura di personalità di Marilyn Monroe e la sua infanzia: Alice Miller, che nel suo lungo e incredibile lavoro sull’analisi delle biografie di personaggi importanti, la cita insieme ad altri personaggi famosi come vittima di un’infanzia fatta di trascuratezza e violenza. Ripercorriamo allora i primi quindici anni della sua vita, chiamando l’attrice con il suo nome di battesimo: Norma Jane Mortenson. Norma Jane Mortenson nasce a Los Angeles nel 1926. La madre è Gladys Monroe. Non si è mai saputo chi fosse il vero padre di Marilyn, perché Gladys divorziò da Mortenson (il primo marito) durante la gravidanza, convinta che sarebbe diventata la nuova compagna dell’amante: il sig. Gifford. Lo stesso Gifford la abbandonò ancora prima che Norma nascesse. Norma nasce, quindi, già orfana di padre, ma Gladys decide comunque di battezzarla col cognome del primo marito. Dopo la fuga del compagno, Gladys Monroe inizia ad allacciare relazioni con diversi uomini e la nascita della figlia viene da lei vissuta come un ostacolo alla sua vita sociale. La donna si trova anche in gravi ristrettezze economiche. Nel 1926 la madre di Gladys, Della Monroe, nonna di Norma, tenta di soffocare la bambina con un cuscino, azione che costò a Della l’internamento al Metropolitan State Hospital e la diagnosi di psicosi maniaco depressiva. Morirà nella struttura diciannove giorni dopo. Nel 1933 Gladys acquista una piccola casa, che affitta in parte a una coppia inglese. “I due inglesi erano alcolizzati e le davano (a Norma, ndr) delle bottiglie di whisky invece che dei giocattoli per divertirsi”[7] Norma riferisce più di un’esperienza inquietante con i due inquilini: dalle umiliazioni (veniva derisa e presa in giro per come si muoveva, cosa che distruggeva e paralizzava la bambina) fino alla molestia sessuale agita da parte dell’uomo (il sig. Kinnell). Si confida dell’accaduto con la propria madre, ma non trova alcun conforto in lei. La donna, al contrario, la accusa di avere avuto volontariamente un atteggiamento provocante con il suo molestatore: era dunque lei ad averlo portato alla molestia! In seguito a questo episodio Norma soffrì di insonnia per molti mesi. “Non dimenticherò mai l’espressione ferita che compariva sul suo volto quando parlava dell’uomo che le aveva fatto violenza e della sua ricerca di qualcuno che l’ascoltasse, la soccorresse. È la storia della sua vita. Ogni volta che aveva avuto bisogno d’una persona amica, aveva trovato il vuoto. Nessuno che l’ascoltasse, che l’aiutasse davvero”.[8] Norma venne traumatizzata anche da continui comportamenti violenti della madre[9], che pare avesse tentato di ucciderla per ben tre volte[10]. In un altro evento la madre, non potendo più sopportare il pianto di Norma, la rinchiuse all’interno di una borsa militare, bloccando la zip e tentando di trascinare la borsa con dentro la bambina fuori di casa. Fu Ida Bolender, una vicina, a strappare di mano alla donna la borsa. Norma ha anche assistito a quando la propria madre accoltellò un’amica, poco prima dell’internamento definitivo della donna in un ospedale psichiatrico. Sempre in quel periodo, Norma assiste ad una scena terrificante: un vicino di casa sparò al suo cagnolino Tippy, solo perché si era permesso di andare oltre l’aiuola. Poco dopo la bambina iniziò ad accusare segni di balbuzie. Quando i Kinnell decidono di tornare in Inghilterra, Gladys rimane nuovamente senza soldi e si trova costretta a cedere la propria casa alla banca. Questo evento causa un ricovero della donna presso l’ospedale di stato di Norwalk, ma successivamente ce ne saranno molti altri: Gladys Pearl entrerà ed uscirà continuamente dagli ospedali psichiatrici e le sarà diagnosticata una schizofrenia, patologia già presente nella famiglia[11]. Nel 1937, Norma Jean viene messa in un orfanotrofio dove, pare, subisca una seconda molestia sessuale ed in seguito viene affidata a diverse famiglie. L'esperienza dell'orfanotrofio fu devastante. Di quel periodo, quando sarà adulta, marilyn ricorderà sempre che "gli altri, almeno, erano li perchè i genitori non li avevano. Io invece una madre ancora l'avevo". Delle famiglie affidatarie, i biografi riportano che erano: “Coppie impoverite dalla Depressione e felicissime di assicurarsi in tal modo i venticinque dollari che l’assistenza pubblica pagava per il mantenimento della piccola”[12]. Uscita dall’orfanotrofio tornò a vivere con la zia e il suo compagno, abituato ad usare la cinghia di cuoio come metodo correttivo. Poi i primi lavori ed il primo matrimonio all’età di sedici anni. Ecco cosa affermerà l’attrice durante un’intervista: “Non sono mai stata abituata alla felicità: è qualcosa che non ho mai dato per scontato, pensavo che sarebbe arrivata con il matrimonio”[13] Questo continuo cambiamento di case e punti di riferimento impedì alla bambina di instaurare un rapporto stabile e positivamente affettivo con figure genitoriali o accudenti: nessuna base sicura per lei, ma solo follia, paura, ostilità, umiliazione, aggressioni e molestie. A meno di quindici anni Norma aveva già collezionato una quantità di eventi così traumatici da influire sulla sua struttura di personalità:
Gli effetti sulla sua vita Tutti conoscono la carriera di Norma: dall’ingaggio come pin up alle prime recitazioni, i primi fallimenti, poi il riscatto, la copertina di playboy ed i film di successo. Pochi sanno che in questi quindici anni di carriera Norma, oramai Marilyn, visse sia il successo, sia l’inferno legato ad esso. Fin da subito le fu chiaro che avrebbe dovuto puntare sul corpo. Quel corpo che, appena maturo, aveva già risvegliato l’interesse di molti. Iniziò a curarlo… “il suo aspetto divenne così importante che, temendo le macchie di sudore, si lavava quindici volte al giorno e solo con determinati prodotti” … ed ipercurarlo: fece più volte ricorso alla chirurgia estetica (un intervento al naso e uno al mento (1948), un’ elettrolisi per alzare l’attaccatura dei capelli e un’operazione odontoiatrica per sistemare gli incisivi leggermente sporgenti. Scelsero un nome diverso e impiegarono diversi mesi per scegliere il colore di capelli che poi avrebbe caratterizzato la sua immagine: il biondo platino, abbinato alla pelle chiara (che teneva sbiancata con diversi prodotti) e al rossetto rosso fuoco. Norma, ora Marilyn, era lanciata verso il successo. Ma Norma è perfettamente cosciente che quello che porta al pubblico è un’immagine artificiosa di sé, il cui scopo è solo uno: quello di sentirsi amata ed apprezzata dal pubblico. Verso i trent'anni si rende conto di essere rimasta imprigionata nell'immagine dell'attrice sexy ed inizia a soffrirne. La critica non è sempre benevola con lei. Viene sempre più apprezzata per la presenza, la bellezza e la sensualità, piuttosto che per le performances. Per questo motivo rifiuta parti diverse parti in cui deve semplicemente apparire, cercando di essere presente in parti più impegnate. Quello dell’approvazione pubblica rimarrà sempre per Norma un’ossessione: svilupperà infatti anche una fobia da palcoscenico. “L'unica cosa che contava per Marilyn era il pubblico. Il sentirsi apprezzata come una brava attrice, piuttosto che come una attrice sexy. Le sue ultime parole, pronunciate alla fine di un'intervista concessa poche settimane prima di morire furono: «La prego, non mi faccia apparire ridicola»[1]. Nella vita di Marilyn Monroe compaiono molti uomini[2], ma le sue relazioni con essi sono tumultuose, spesso litigiose e non durano a lungo. “Le era facile farsi nuovi amici, ma se ne staccava altrettanto facilmente. Pareva sempre alla ricerca di qualcosa – o qualcuno – di nuovo. […] Marilyn si innamorava spesso, a volte troppo facilmente. Ma trovava difficile mettersi tranquilla dopo aver accettato un nuovo modo di vita.”.[3] Per lenire il suo senso di insicurezza e trovare una forma di equilibrio, Marilyn si rivolgerà a molti psicoanalisti, tra cui anche Anna Freud, che la definirà: “Emotivamente instabile, fortemente impulsiva, bisognosa di continue approvazioni da parte del mondo esterno; non sopporta la solitudine, tende a deprimersi di fronte ai rifiuti: paranoide con tratti schizofrenici”[4] . Il terrore dell’abbandono, dovuto alle esperienze negative vissute durante l’infanzia, la seguirà sempre, al punto da diventare il centro dei suoi problemi. “Non aveva mai voluto affezionarsi a bambini o animali, perché diceva: "ho paura che se comincio a voler loro bene si stancheranno di me e mi abbandoneranno. Dio, non posso sopportare l’idea che qualcuno mi lasci!". Sono la paura del rifiuto e dell’abbandono che devastano la mente di Marilyn, quello stesso rifiuto ed abbandono che hanno caratterizzato continuamente la propria infanzia e che la donna tenta di sconfiggere attraverso l’approvazione del pubblico e, quando ciò non avviene, con l’alcool e i barbiturici. “L’alcol le faceva sempre questo effetto. Ottundeva la paura, dandole sicurezza. […] Marilyn aveva un terrore mortale dell’alcol. Era convinta che il suo eccesso potesse portare alla pazzia e aveva l’inconscio terrore di finire in una clinica psichiatrica, come i suoi nonni, suo zio, sua madre e altri membri della famiglia. Disgraziatamente, più tardi sarebbe ricorsa sempre più ai tranquillanti e ai sonniferi per avere lo stesso sollievo che riceveva dagli alcolici, non di rado unendo gli uni agli altri..” Dice Marilyn di sé stessa, in un’intervista rilasciata prima di morire: "Questa bambina triste e amareggiata, cresciuta troppo in fretta, difficilmente uscirà dal mio cuore. Nonostante tutto questo successo, posso avvertire i suoi occhi spaventati che si affacciano dai miei". Articolo di Monica Bonsangue _______________________________ RIFERIMENTI http://www.nikla.net/notizia/21188/i-segreti-di-marilyn-mai-svelati.html http://psicologipegaso.it/psicologia-di-un-mito-marilyn-monroe-di-l-salvai/ http://archiviostorico.corriere.it http://www.mymovies.it/biografia/?a=299 R.F.Slatzer “Il caso Marilyn Monroe” – 1980 ___________________________________________________________________________________ NOTE [1]R.F.Slatzer (“Il caso Marilyn Monroe” – 1980); [2] I biografi ci raccontano che a causa delle sue relazioni con uomini importanti, fra cui Robert Kennedy, Marilyn fosse sempre sotto l’occhio della CIA e dell’FBI. Alcune teorie mai verificate sostengono che furono proprio i servizi segreti i mandanti dell’omicidio, i quali sospettavano anche una relazione dell’attrice con Fidel Castro. Di fatto, la pista dell’omicidio commissionato non venne mai verificato, anche a causa di un elemento della scena del crimine poco trascurabile: la porta chiusa dall’interno. [3] Marylin Monroe venne trovata cadavere nella sua casa il 5 agosto 1962 a causa di un’overdose di barbiturici. L’autopsia rivelerà la presenza di alcuni fori da iniezione sotto le ascelle. [4] Altri autori riportano come possibile diagnosi il disturbo bipolare. Ma l’analisi delle biografie scritte su di lei farebbero presupporre per un disturbo borderline, caratterizzato dalla presenza di dipendenze da sostanze, sbalzi d’umore, instabilità affettiva, presenza di relazioni interpersonali instabili ed intense, autostima estremamente fragile, ricorrenti episodi di tentato suicidio, marcati pensieri negativi rispetto all’immagine di sé ed altro. La descrizione che fa della Monroe il suo amico R.F.Slatzer: “Un giorno era felice, piena di vita, straripante di gioia e di entusiasmo. Quello dopo era triste, silenziosa, perfino ostile”. [5] E’ necessario distingue fra tentato suicidio e suicidio mancato. Nel tentato suicidio la persona intende soprattutto urlare il proprio dolore e la propria impotenza al mondo. Si tratta quindi di una enorme richiesta di aiuto e la scelta del metodo lascia spazio all’intervento salvifico (una telefonata, indizi). Il mancato suicidio rappresenta sempre, invece, un intento forte e reale di togliersi la vita, il cui progetto può non riuscire per svariati motivi (errata progettazione, intervento provvidenziale, eventi imprevisti). In questo secondo caso la persona era realmente intenzionata a togliersi la vita. [6] Mettere insieme i primi undici anni di questa donna non è stato facile: il materiale che si trova su di lei è tantissimo, ma spesso le informazioni sono in contraddizione. Ho trovato spesso errori anche nei cognomi riportati dai siti, fino ad errori di tempistica e cronologia. Per questo motivo le informazioni qui riportate fanno riferimento alle due autobiografie ufficiali e a informazioni su cui non sono state trovate contraddizioni. Sono state eliminate, invece, notizie riportate da alcune fonti ma contraddette da altre. [7] R.F.Slatzer (“Il caso Marilyn Monroe” – 1980); [8] Ibidem [9] La madre di Norma alternava momenti in cui sembrava volersi prendere cura amorevolmente della figlia a momenti di scompenso totale. [10]Racconto di Arthur Miller durante un’intervista alla BBC [11]Pare che entrambi gli stessi genitori di Gladys (Otis Elmer e Della Monroe) avessero passato gli ultimi anni della loro vita in una struttura psichiatrica, mentre il fratello di Gladys, Marion Monroe avesse sofferto di schizofrenia paranoide. [12]R.F.Slatzer (“Il caso Marilyn Monroe” – 1980); [13]Ibidem [14] Ibidem [15] A quei tempi un bambino in orfanotrofio era un disgraziato, che doveva solo ringraziare gli adulti che si prendevano cura di loro [16]http://www.mymovies.it/biografia/?a=299 [17] Il primo marito della Monroe è James Edward Dougherty. Il matrimonio avviene nel 1942, quando Marilyn ha solo sedici anni. In seguito, Marilyn sposerà il famoso battitore degli Yankees Joe di Maggio e, dopo il divorzio da questo, il commediografo Arthur Miller. Robert Slatzer, amico della Monroe, sostiene nel suo libro di aver sposato l’attrice in segreto, a Tijuana, in Messico, quando Marilyn aveva già iniziato la relazione con Di Maggio. Il matrimonio sarebbe durato solo due giorni, a causa degli immediati segni di pentimento della donna. [18] Tratto da http://archiviostorico.corriere.it Disclaimer
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AutoreMonica Bonsangue
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