Introduzione
Il caso del suicidio di Tiziana Cantone ha sconvolto l’Italia. A dire il vero, nella stessa decina di giorni ben tre terribili eventi sono balzati alla cronaca: -l’abuso sessuale continuato, agito da un gruppo di ragazzi ai danni di una ragazzina, allora tredicenne, e durato per oltre tre anni; - la violenza ai danni di una ragazza di diciassette anni (ubriaca) in una discoteca di Rimini, videoregistrato da quelle che si stenta a chiamare “amiche”, che lo hanno poi diffuso su Wup; - il suicidio di Tiziana Cantone (31 anni), i cui video “a base” di rapporti sessuali sono finiti in rete. Tutti e tre gli eventi si consumano attorno alla sessualità e attorno al corpo delle donne. Il terzo, in particolare, mette in evidenza un aspetto poco conosciuto ma in continua crescita: il revenge porn. Il fenomeno L’evoluzione dei telefoni cellulari, soprattutto nella tecnologia relativa alle funzioni “macchina fotografica” e “videocamera” hanno dato libero sfogo alle fantasie sessuali di molti. Non solo è diventato estremamente facile accedere a materiale una volta definitivo “per adulti”, ma sono nati e aumentati a dismisura i casi di “autoproduzione” di tale materiale. Una delle pratiche più diffuse è la richiesta alla propria compagna di posare in atteggiamenti erotici, fotografare parti intime, videoregistrare durante i rapporti. Le richieste arrivano prevalentemente dal partner maschile[1] che richiede questa “prestazione” facendo appello, di volta in volta, ad un segreto speciale che lui conserverà nascosto da password, a qualcosa che terrà sempre con lui, ad un regalo, ad una prova di amore, ad un gesto che dimostri la fiducia che la ragazza ha in lui[2]. La pratica è diffusissima anche fra i giovanissimi: si stima che il 13% dei ragazzi di età compresa fra i 14 e i 19 anni si dedichino allo scambio di autoscatti hot, a volte per complicità, a volte per vendere la propria intimità in cambio di una ricarica telefonica (sexting) [3]. Molto spesso, fra i giovani, le motivazioni sono superficiali, come quelle sopra elencate. Molte delle mie giovani pazienti hanno acconsentito a farsi fotografare o videoriprendere a causa di: -insistenza del partner; -accuse da parte del partner (sei una bigotta, non ti pensavo così arretrata); - il partner che non ottenendo quello che desidera fa l’offeso (ad esempio non parla e non telefona per giorni); - promesse di segretezza; - dare una prova di amore vero. Tutte (soprattutto le tredicenni col fidanzato di quindici) si sono sentite a disagio, ma si sono adeguate alle richieste. La maggior parte di queste immagini viaggiano attraverso Wup o altri network, che consentono almeno inizialmente una prima selezione degli utenti a cui inviare il materiale e che non permettono la stessa diffusione della rete. Le immagini però possono uscire rapidamente dal gruppo selezionato e finire in mano a qualcuno che le carica nel web. A quel punto, fermarle è praticamente impossibile. Alcune foto o alcuni video possono addirittura essere caricati su you tube o you porn. Ma qui non siamo ancora nel cuore del fenomeno “porn revenge”. Scatti, autoscatti e riprese sono ancora più frequenti nella fascia giovani adulti e adulti, dove i contenuti diventano ancora più espliciti, ancora più hard. Anche nel caso degli adulti, le richieste arrivano maggiormente dai partner maschili (si stima il 90%). Anche in questi casi, dopo le insistenze e le rassicurazioni del “tengo tutto per me” o “lo guardiamo insieme, io e te”, le compagne si prestano a soddisfare la richiesta. A volte le pretese sono molto particolari: possono includere azioni e giochi erotici che non fanno parte dei gusti e delle abitudini della partner, che si trova ad agirli spesso per compiacere. Anche la pratica del voyerismo consensuale[4] filmato ha avuto la sua marcia in più grazie alla tecnologia. Che fine fa questo materiale? Nel caso dei teen, molti ragazzi, trasgredendo alla segretezza promessa, mostrano le prestazioni girate come un trofeo alla cerchia di amici. Per dare la prova di quello che fanno o di “quanto è figa la loro ragazza” (se non peggio), il materiale è mostrato solitamente al gruppo di amicizie[5]. Nel peggiore dei casi inviano il file tramite il network, perdendone il controllo. In altri casi, e qui mi riferisco a ragazzi più cresciuti o agli adulti, il materiale pornografico può essere utilizzato per ricattare la ragazza o la donna: “se non fai quello che ti dico, mostro a tutti quello che sei veramente” è fra le frasi più utilizzate[6]. Il ricatto può essere rivolto ad ottenere pagamenti economici, prestazioni sessuali o semplicemente come gioco per tenere in scacco psicologico la vittima. Ma non solo. Nel caso in cui la coppia entri in conflitto e/o si separi, e soprattutto nei casi di separazioni da parte della donna, il materiale viene messo in rete per vendetta. Ecco il fenomeno del porn revenge, ossia l’azione di diffondere volontariamente (e senza il consenso degli interessati) foto o video dal contenuto hard, compromettente e/o scandaloso allo scopo di diffamare e gettare fango sull’immagine e sulla dignità dell’Altro. Solitamente il materiale è diffuso con l’intenzione di avere il massimo danno nel minore tempo possibile, caricandolo su canali a visualizzazione massiva e senza controlli, come you tube e you porn. Spesso i video sono accompagnati da commenti che sottolineano come “sia questa la sua vera natura”, come “sia stata lei a voler girare il filmato”, come “non sono io lo stronzo, guardate come è lei veramente” e spesso con riferimento alla sua natura di zoccola, troia, puttana. Il “farla morire dalla vergogna” è lo scopo principale e solitamente colui che mette in rete il materiale segue con piacere e senso di trionfo l’assalto denigrante ed offensivo che segue alla pubblicazione. Quanto più il web ci va pesante, quanto più la sua vittoria è grande. Il porn revenge non è agito solo da partner vendicativi, ma anche da amici o amiche, conoscenti che trovano in questa azione la realizzazione di una punizione contro la vittima (anche il cyber bullismo tocca questo fenomeno). Molti ragazzi utilizzano questa modalità per diffamare ed attaccare "quello che gli ha fregato la fidanzata". Uno dei più grossi problemi di questa diffusione è che spesso assieme all'immagine vengono prodotti anche dati personali della vittima, come il suo nome e cognome, il suo numero di telefono. L'esposizione al web è praticamente totale. La normativa Il porn revenge non è largamente diffuso (anche se in notevole crescita come fenomeno), quindi allo stato attuale manca una normativa specifica. In Italia: “In termini giuridici, caricare in internet un file contenente un'immagine attinente la vita privata di qualcuno è un reato che prevede gravi sanzioni. La V sezione penale della Cassazione, specializzata in questa materia, risponde invariabilmente che condividere un'immagine di terzi, senza autorizzazione della persona ritratta, con altri utenti della rete implica diffonderla ad un numero imprecisato di destinatari, potenzialmente a tutti gli abitanti del pianeta. Se l'immagine stessa, o i contenuti che la accompagnano (commenti, didascalie) sono quindi offensivi ("tali da arrecare pregiudizio all'onore, alla reputazione, al decoro della persona medesima"), la pubblicazione in rete integra gli estremi del reato di cui all'art. 595 c.p. - ossia diffamazione (sentenza 12 ottobre 2004, n. 42643 e più recentemente sentenza 19 giugno 2008, n. 30664 e 5 novembre 2014, n. 5695). Non solo: le potenzialità diffusive del web sono tali da determinare la maggior pubblicità dell'offesa, il che giustifica un più severo trattamento sanzionatorio (sentenza 16 gennaio 2015 n. 6785). Non è necessario provare che chi ha immesso in rete certi contenuti volesse ingiuriare: è sufficiente che consapevolmente abbia fatto uso di parole ed espressioni socialmente interpretabili come offensive ( sentenza 4 novembre 2014, n. 7715). In questa fattispecie rientra a pieno titolo la così detta revenge porn, ossia la pubblicazione (anche tramite social network) di immagini ritraenti un soggetto in atti sessuali, carpite eventualmente anche con il suo consenso ma diffuse senza la sua autorizzazione, magari accompagnate anche da commenti volgari . È un comportamento adottato da molti stalker, che oltre a perseguitare le loro vittime, le infastidiscono e minacciano diffondendo immagini che le ritraggono realmente (mentre scattate quando la relazione era in essere e la donna consenziente) oppure che appartengono ad altre persone, ma che attribuiscono volontà e intenzioni false alla molestata, per esempio presentandola come prostituta (in tal caso appare il numero di telefono).”[7] Come difendersi? I consigli sono davvero pochi e fanno appello soprattutto al buon senso. In un’epoca in cui le immagini e la mancanza di pudore la fanno da padroni, proteggersi è diventato un dovere. I social hanno offerto un immenso contenitore narcisistico che le persone hanno rapidamente riempito di autoscatti personali e atteggiamenti che fino a pochi anni fa sarebbero stati definiti intimi. Questa intimità sembra crollata (per usare un gioco di parole, pare che l'intimo sia fuori moda) ed il corpo (con l’immagine e la dignità che porta) è esposto nelle vetrine sociali come merce, con tutte le conseguenze che conosciamo. Esiste una differenza profonda fra uno scatto che faccio e che mi presenta come persona (e se sono persona ho dignità e rispetto per me stessa, cioè mi propongo come soggetto), ed uno scatto che mi offre al mercato pubblico (mi propongo come oggetto). Il primo e più spassionato consiglio è quello di non farsi mai fotografare ne riprendere in pose o atteggiamenti che rientrano nella vostra intimità. Nemmeno se vi fidate ciecamente. Considerate anche la possibilità che se il vostro compagno sia una persona corretta, forse qualche amico a cui capita in mano il telefono non lo è. Se volete azzerare le probabilità, rifiutate la proposta. Sarà interessante osservare se il vostro partner darà a voi la sua prova di rispetto, accettando che non desiderate farlo. Nel caso in cui il fatto sia già avvenuto e avete trovato le vostre foto sparse in rete, è possibile querelare immediatamente, e se non conoscete l’autore del reato è possibile fare una querela contro ignoti: sarà poi compito penserà la Polizia Postale identificare il responsabile. dott.ssa Monica Bonsangue ____________________________________________________________ [1] http://www.wired.it/internet/web/2014/04/24/revenge-porn-la-vendetta-servita-su-uno-schermo-freddo/ [2] Tengo a precisare che non stiamo parlando del fenomeno oramai debordante che consiste nel fotografarsi nudi o seminudi (in costume, in mutande, spesso tagliando fuori dal fotogramma la faccia) che ha riversato nella rete miliardi di foto di corpi più svestiti che vestiti per autocelebrazione, ma di quel fenomeno di richiesta a persone che spesso, paradossalmente, non amano mostrare i propri corpi. [3] http://www.lettera43.it/cronaca/revenge-porn-il-13-degli-adolescenti-condivide-foto-e-video-hot_43675260212.htm [4] Se il voyerismo è ritenuto reato nella maggior parte dei Paesi, il voyerismo consensuale è quella dinamica per cui uno dei due partner osserva l’altro avere un rapporto sessuale con un terzo e nel quale tutti e tre sono consenzienti. Nel 1970 in Italia fece scalpore un caso di voyeurismo consensuale sfociato in una tragedia: il 30 agosto il marchese Camillo Casati Stampa di Soncino uccide la moglie Anna e il suo amante Massimo Minorenti. Il marchese era solito fotografare la moglie e l’amante durante i loro rapporti sessuali. Le indagini rivelarono l'abitudine del Casati Stampa di assistere ai rapporti sessuali della moglie con altri uomini e di fotografarla in quei momenti. Il caso di Tiziana Cantone sembra avere tratti in comune con la pratica del voyerismo consensuale e del porn revenge. [5] Ne faccio riferimento nella nota, perché non può essere ignorata l’oggettualizzazione del corpo della propria compagna e la constatazione che per molti giovani il considerare la partner soggetto invece che oggetto è del tutto impossibile. [6] Questa tipologia di ricatto è presente anche nelle coppie omosessuali: un partner tiene in scacco l’altro (che magari non si è ancora dichiarato), minacciandolo di diffondere il materiale e la notizia della sua omosessualità. [7] http://tutto-normativa.blogspot.it/2015/07/revenge-porn-come-difenderti-e-farti.html
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AutoreMonica Bonsangue
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