La storia dell'elefante triste viene narrata da Paulo Coelho. Coelho andò, un giorno, a vedere gli spettacoli che si tenevano in un grande circo. Mentre osservava, non potè fare a meno di notare un bellissimo esemplare di elefante legato ad uno dei pali che tenevano in piedi il tendone. Si chiese come fosse possibile che i propietari si fidassero nel tenere agganciato quell'enorme pachiderma ad uno dei pali portanti del tendone: se avesse voluto, l'elefante avrebbe potuto spezzare il palo e fare crollare tutto. Invece rimaneva li, fermo, quasi immobile, con un'aria incredibilmente triste. Finito lo spettacolo, decise di parlare col "domatore", il quale gli rispose sorridendo, con queste semplici parole: "Ancora piccolo, l’elefantino viene legato con una grossa corda a un palo saldamente conficcato nel suolo. Egli tenta di liberarsi più volte, ma non ne ha le forze sufficienti. Dopo un anno, il palo e la corda sono ancora sufficienti per tenere legato l’elefantino. Egli continua nel suo tentativo di liberarsi, senza riuscirci. A questo punto, l’animale comincia a capire che la corda sarà sempre più forte, e rinuncia ai tentativi. Quando arriva all’età adulta, l’elefante si ricorda ancora che, per molto tempo, ha sprecato invano energia tentando di liberarsi. A questo punto, il domatore potrebbe anche legarlo con un filo sottile a una scopa, comunque l’elefante non cercherebbe più di liberarsi." Il racconto dell'elefante triste rappresenta un esempio di "incapacità di reagire appresa". Una condizione per la quale, dopo diversi tentativi falliti di liberarsi da una situazionedannosa, pericolosa o di prigionia, ci si arrende e si soccombe, accettando le condizioni minime di sopravvivenza, privandosi della speranza di conquistare la propria libertà. Semplicemente si impara che non ce la si può fare e si disapprende a tentare, anche quando le condizioni che ci tenevano prigionieri cambiano. L'incapacità di reagire appresa può essere paragonata ad una forma di depressione indotta, nella quale la rinuncia è la tentata soluzione che viene fatta apprendere dagli eventi o dalle persone che ci circondano. Le catene che ci impediscono di evolvere e vivere liberi esistono spesso solo nella nostra mente, e sono spesso il retaggio di condizionamenti avvenuti quando eravamo bambini. "Non puoi farlo". "Non vai bene". "Sei sbagliato". "Tanto è inutile". sono solo una parte delle catene con cui addestriamo i nostri cuccioli d'uomo all'incapacità di reagire. Come nel caso del piccolo elefantino, una volta imparato, lo impari PER SEMPRE. Liberarsi dai condizionamenti e dalle paure è il primo passo per esprimere sè stessi e la propria energia vitale.
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AutoreMonica Bonsangue
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