dott. Monica Bonsangue
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Psicologia, trauma, violenza, maltrattamento, abusi psicologici



Quando il bullo veste rosa

3/3/2016

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Approfitto di un fatto recente, accaduto ad una mia giovane paziente, per scrivere due righe su questo argomento.

Lei, la portagonista, è giovanissima, 15 annni compiuti da poco.
Stringe facilmente amicizie, è disponibile, simpatica, carina.
Pur non essendo una "secchiona", ha discreti risultati negli studi.
Doti che forse a qualcuno non piacciono.
Per esempio a due compagne di classe le quali, al contrario, non hanno tutto il suo "successo sociale".
La prendono di mira, due contro una.
Appellativi disprezzanti, insulti con parole pesanti (sei una puttana), fino ad arrivare a calci e pugni che provocano lividi evidenti, unghie piantate nella pelle delle braccia.
Le due bulle arrivano a portare a scuole dei biscotti per cani, tentando di farli mangiare alla ragazza.
Il tutto dura da mesi.
Nessuno reagisce, eppure tutti vedono, e tutti sanno. Anche i professori.
La comica?
Persino il professore di "Diritto" assiste senza intervenire, contravvenendo clamorosamente agli obblighi del suo ruolo.
Fino a che, un giorno, la ragazza esplode di rabbia.
Si rivolta coraggiosamente verso le aguzzine usando parole forti.
Il risultato? La vittima viene accusata di razzismo, poichè le due bulle erano straniere.

La parola bullismo è diventata tristemente nota e frequente, ed i fatti di cronaca ce la ricordano continuamente.
Tutti oramai, bene o male, abbiamo idea di cosa si tratti.
Se l’indignazione è la prima reazione alla notizia di un ragazzo che picchia un compagno, la reazione spontanea quando veniamo a sapere che l’aggressore è una ragazza è la costernazione. Sia perché, solitamente, si tratta di ragazze molto giovani, sia perché appartengono al genere femminile, nella nostra società culturalmente slegato dalle dimostrazioni di aggressività.
Detto più semplicemente: quando si parla di botte, tendiamo ad associarle naturalmente ad un comportamento maschile.
Infatti il bullismo al femminile è più spesso legato all’aspetto psicologico (distruzione dell’immagine e dell’autostima), piuttosto che fisico.
Eppure, di recente, la cronaca italiana riporta casi sempre più numerosi di aggressioni fisiche agite da ragazze ai danni di un’altra.
Evidentemente sta accadendo qualcosa.
Cosa spinge una ragazza ad aggredire furiosamente, con calci e pugni, una sua quasi coetanea? Cosa la spinge a provocare danni e lesioni fisiche, e non fermarsi di fronte alle lacrime e alla sofferenza dell’Altra?
L’aggressore non agisce di nascosto, ma di fronte ad una platea di compagni che in quel momento fungono da spettatori. Qualcuno incita, qualcuno filma, qualcuno urla.
Spesso nessuno interviene per proteggere la vittima, bisogna aspettare l’intervento de “gli adulti”.
Analizziamo alcuni casi.
 
 
Grosseto, 20 febbraio 2013
Un gruppo misto (maschi e femmine) assale una ragazza di colore, insultandola. Le ragazze insultano, sputano e la picchiano in gruppo; i ragazzi filmano e mettono su you tube.
(fonte http://www.huffingtonpost.it/2013/02/20/bullismo-femminile-il-branco-assale-ragazzina_n_2725978.html )
 
 
Padova, 12 ottobre 2013
Una studentessa di diciannove anni viene aggredita, picchiata e insultata sull’autobus, mentre tornava a casa da scuola, da tre coetanee. Il giorno dopo, le tre ragazze la rintracciano e la picchiano nuovamente. Vittima anche il fidanzato che la stava scortando a scuola, nel tentativo di proteggerla. Il motivo, in questo caso, pare fosse razziale: la vittima era un’italiana picchiata da tre tunisine.
( fonte http://mattinopadova.gelocal.it/padova/cronaca/2013/10/12/news/bullismo-femminile-picchiata-sul-bus-1.7910238 )
 
 
Milano, 24 ottobre 2013.
Due ragazze di 14 e 15 anni litigano per un ragazzo. Una lite che finisce in rissa, coinvolgendo anche le “bande” che spalleggiavano le due ragazze. Una giovane, esterna ai fatti, prova a commentare, chiedendo a tutte di smetterla. A quel punto entrambe le bande, una trentina di ragazze in tutto, se la prendono con la malcapitata iniziando a picchiarla, insultarla, sputandole addosso. La ragazza finisce in ospedale.
(fonte: http://www.ilmessaggero.it/PRIMOPIANO/CRONACA/cinisello_balsamo_bullismo_botte_gang_denuncia_ragazza_picchiata_polizia/notizie/344447.shtml )
 
 
Bollate, 7 febbraio 2014
Una “questione di cuore” spinge una giovane ad attendere all’uscita di scuola una compagna ed aggredirla a calci e pugni. Le aveva “rubato il fidanzato”.
(fonte http://www.ilgiorno.it/rho/cronaca/2014/02/07/1021997-bullismo-femminile-bollate-video-ragazze.shtml#1 )
 
 
Piacenza, 11 marzo 2014
Una quindicenne viene perseguitata e aggredita dalle compagne per molti giorni, mentre si reca a scuola. L’episodio, nato come evento personale, ha visto successivamente il coinvolgimento di “amiche” della bulla, che accerchiavano la vittima, impedendole di fuggire dalle aggressioni.
(fonte http://www.ilpiacenza.it/cronaca/bullismo-al-femminile-15enne-perseguitata-dalle-compagne-di-scuola.html )
 
 
Ragusa, 1 ottobre 2014
“Forse invidie, forse torti subiti, forse storie d’amore naufragate per uno sguardo di troppo o un “mi piace” sui social network in più, in pratica senza alcun motivo o meglio per come recita la legge, per futili motivi, la ragazzina è diventata bersaglio di due coetanee che come lei vivevano a Marina di Ragusa per l’estate.
Dapprima minacce in chat private sui social, poi insulti nei commenti di altre ragazze (magari velati senza scrivere il nome ma tutti gli amici, tutti quelli che leggevano sapevano a chi fossero indirizzati), poi però gli sguardi di minaccia quando si incontravano in piazza, fino a quando una sera, un pugno veniva sferrato dritto in faccia e procurava lesioni personali con diversi giorni di prognosi.
La storia non finiva li e quindi dopo aver picchiato la ragazza, le minacce di non parlare di non dire nulla e di non permettersi di incrociare di nuovo il loro sguardo, con epiteti che solitamente vengono attribuiti alle peggiori donne del malaffare”
( fonte: http://www.ragusah24.it/2014/10/01/picchiata-derisa-ingiuriata-minacciata-storie-bullismo-tutto-femminile/  )
 
Genova, 4 marzo 2015
Una ragazzina di dodici anni risponde male ad una ragazza più grande, e subito accade l’impensabile. La diciassettenne si sente offesa e si vendica aggredendo la più piccola: calci, pugni, sberle, offese. E nuovamente, fra i tanti presenti, nessuno interviene.
(fonte http://www.homolux.it/?p=12545 )

 
Se avete avuto la pazienza di leggere tutti gli articoli, potete osservare che questi fenomeni presentano delle costanti.

  • In ogni episodio è presente una ragazza (aggressore), spesso spalleggiata da un gruppo o da una complice. Lei, l’aggressore, si sente offesa, umiliata da qualche comportamento (le hanno risposto male, oppure le hanno “fregato” il fidanzato, oppure l'altra è percepita come una rivale). Quello che colpisce sono i “futili motivi” dell’aggressione, ai quali la bulla reagisce con un comportamento violento e spropositato. Nella sua testa, questo agito serve a riparare pubblicamente l’offesa subita. La sua rivalsa deve essere sotto agli occhi di tutti, in maniera tale che tutti possano dire che “lei non è una debole”. La strategia è, quindi, quella della sopraffazione dell’Altra, attraverso un gruppo di comportamenti violenti che comprendono l’aggressione al corpo (lesioni corporali) e la violenza psicologica, come l’umiliazione (schiaffi, sputi, insulti pesanti) che colpiscono l’autostima. Lo scopo è provocare volontariamente danni fisici e psicologici nell’Altra, considerata una rivale.

  • Il gruppo assiste, con varie funzioni: proteggere l’aggressore (fanno scudo); impedisce alla vittima di scappare (accerchiano); si diverte (ridono, filmano, pubblicano l’aggressione, incitano l’aggressore). Il gruppo minaccia ritorsioni (stesso trattamento, se non peggio) a chiunque intervenga a difesa della vittima. Non siamo ancora socialmente abituati ad attribuire al gruppo che partecipa le responsabilità di violenza, pari almeno a quelle dell’aggressore.

  • I passanti, spettatori loro malgrado, rimangono allibiti, guardano ma spesso non intervengono direttamente. Nessuno vuole casini. Il comportamento più utilizzato è chiamare le forse dell’ordine.
 
Quali sono le cause del bullismo femminile?
Certamente, come molti altri fenomeni, le cause sono differenti. L’aggressore può agire per diversi motivi, fra i quali ricordiamo:
  • Il tentativo di conquistare una posizione dominante nel gruppo delle “femmine”. Così come per i maschi, esistono anche le femmine alpha, ossia quelle che per una qualità vogliono diventare emergenti rispetto alle altre (bellezza, potere, influenza e controllo sugli altri, eliminare le rivali). La posizione di dominanza sarebbe conquistata, in questo caso, solo in parte con qualità personali. Per il resto è garantita dalla progressiva estromissione dalla concorrenza di altre rivali. Le rivali vengono attaccate psicologicamente o fisicamente, allo scopo di renderle innocue. Lo scopo è la sottomissione.
  • Il raggiungimento di uno status, quello di colei che non ha paura di nulla (una dura, una già grande) cosa che permetterebbe un aumento di prestigio fra i pari. La bulla è spesso capo di una banda. Attorno a lei si radunano altre ragazze che la considerano una guida, una che ci sa fare. Non è certo un prestigio basato su doti, ma la fama che deriva dalla popolarità di essere “una dura”(anche se negativa), per queste ragazze è meglio della sensazione di non sentirsi nulla, di essere ignorate.
  • L’utilizzo dell’Altra per scaricare un forte disagio personale. La vittima è strumento attraverso cui la bulla esprime la sua paura più profonda: quella di essere lei stessa umiliata e sottomessa. E’ una paura profonda, che nasce da ferite dell’anima, e che spesso si trasforma in angoscia. Per controllare questa angoscia e non essere soppressa da essa, la bulla deve agire il contrario (ostentare forza e potere) ma può farlo solo tramite l’aggressione di un’altra persona.

                                                                                                                                                  Monica Bonsangue
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    Autore

    Monica Bonsangue
    Psicologa
    Psicoterapeuta
    Psicotraumatologa
    Formatrice
    Ricercatrice


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